La tavola di legno

L’icona non è un quadro, ma è comunque un’opera pittorica per la quale si utilizza una tavola di legno. E’ opportuno che il legno non sia né troppo duro, né troppo morbido e che appartenga ad alberi ritenuti sacri come il tiglio, l’abete, il pioppo e il cipresso.

In tutte le tradizioni l’albero ha un ricco simbolismo, in virtù del suo aspetto eretto e del suo spingersi verso l’alto; funge da collegamento tra la terra e il cielo, simboleggiando un movimento ascensionale evolutivo.

Il simbolismo dell’albero si ritrova un po’ in tutte le tradizioni compresa quella celtica dove è simbolo di scienza, forza e vita; è sotto un albero che il Budda riceve l’illuminazione, si parla di due alberi nella Bibbia; nella tradizione cabalistica ebrea c’è l’albero sephirotico simbolo dell’emanazione divina ma anche dell’uomo; si ritrova anche nella mitologia iraniana con un simbolismo magico-religioso, mentre in Cina due alberi sono intrecciati tra loro a rappresentare lo yin e lo yang, e nel Corano si legge di un albero-loto simbolo del Paradiso.

Il legno indica proprio la materia: simbolo in India della sostanza universale, per i Cinesi è il quinto elemento, rappresenta la materia prima e quindi anche la possibilità di poter intervenire sulla nostra interiorità, come anche si rileva dalla parola greca hyle che significa sia legno che materia prima.

Quello che però in questo caso ci interessa è la tradizione ebraico-cristiana dove l’albero della vita dell’Eden è messo direttamente in relazione con il Cristo ed anche con la croce simbolo del suo sacrificio; albero e croce si identificano così all’asse del mondo, che in virtù del Cristo innalzato su di essa, rende possibile per tutta l’umanità la sua ascensione al cielo.

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Cristo Albero della Vita, tempera e oro su tavola, Pacino di Buonaguida (1300 ca)  – Firenze Galleria dell’Accademia

Per la Chiesa ortodossa l’icona è il “luogo” in cui “il mistero si fa presente”, per cui la fedeltà alla Tradizione è molto importante, e comporta anche una cura particolare per tutti gli aspetti che la riguardano, a cominciare proprio dalla tavola di legno.

Nella scelta della tavola si deve porre attenzione ad alcuni fattori: il legno deve essere compatto, privo di nodi, ben stagionato e senza resina. Abbiamo già detto quali sono gli alberi da preferire, ma c’è da dire che in passato ogni scuola o monastero si serviva degli alberi che erano più facilmente reperibili nella zona in cui si trovavano.

La tavola poi deve essere tagliata in piena massa, più vicino al centro del tronco per garantire solidità e poi lasciata stagionare.

Per la pittura si utilizza la parte della tavola rivolta verso il centro dell’albero, in modo da evitare che la tavola con il tempo diventi concava deformando l’immagine, ma casomai convessa assumendo quella forma a “coppo” tipica di certe antiche icone.

tavole 1Le stesse misure della tavola non devono essere scelte a caso, ma possibilmente devono seguire dei canoni tradizionali e simbolici ben precisi. Ecco che la tavola rettangolare adatta a raffigurare un’immagine a mezzo busto è costruita tenendo in considerazione le proporzioni numerico-simboliche del triangolo sacro o triangolo d’oro (cioè se divisa idealmente da una linea obliqua forma due triangoli rettangoli dalle proporzioni 3 e 4 per i due lati e 5 per l’ipotenusa, la cosiddetta terna pitagorica). Questo triangolo era conosciuto fin dall’antichità e venerato come elemento costitutivo dell’Universo, gli Egiziani lo mettevano in rapporto con Osiride, Iside e Horo, i Celti lo usavano per le “griglie base” di costruzione degli elementi decorativi.

di Eleonora Guarducci

De vulgari eloquentia: Lingua Sacra e Tradizione Arcaica

“Dico a socera perché nora intenda” con questa frase Alessandro Manzoni inizia una sua lettera a Ruggero Bonghi, l’allora ministro dell’istruzione pubblica, dove il noto scrittore viene a parlare con linguaggio prudente e sibillino del libro De vulgari eloquentia di Dante Alighieri, libro “citato da molti e letto quasi da nessuno”.

Un trattato in prosa latina di argomsei ritratti di poeti toscani_vasariento linguistico-retorico, dedicato alla definizione della lingua volgare da usare nelle opere letterarie. Così lo troviamo definito oggi nelle varie antologie letterarie.

Ma continuiamo con la lettera del Manzoni: “L’opinione che Dante, nel libro De Vulgari Eloquio, abbia inteso di definire, e abbia definito quale sia la lingua italiana, è talmente radicata, che non si suppone generalmente che possa neppure essere messa in dubbio…ma in esso non si tratta di lingua italiana né punto né poco”.

Ecco che in questa opera quindi non si  parla di una lingua ma di una determinata forma di linguaggio, una forma con una struttura precomposta, secondo debiti numeri regolata come scrisse il Boccaccio che ne fanno un mezzo adatto alla Rivelazione, alla trasmissione della Rivelazione e della Tradizione e che diventa così la pantera allegorica che “fa sentire il suo profumo ovunque e non si manifesta in nessun luogo” se non nelle poesie di “Cino Pistoiese e l’amico suo (così Dante si presenta nell’opera) dell’amore suoi servitori e ministri”.

a cura di Franco Naldoni e Debora Viciani

Giovedì 26 Febbraio ore 21,30

 

“…e donna mi chiamò beata e bella”

La Beatrice di Dante

Beata e bella, luce e gloria de la gente umana. Questa è la gloriosa donna della mente di Dante, donna che la critica ufficiale ha voluto materializzare nella figura di Beatrice Portinari figlia di Folco e moglie di Simone di Bardi, cadendo così nella “beffa”architettata dal Boccaccio:

Beatrice

 

“Io ho messo in galea

senza biscotto

l’ingrato vulgo, e senza alcun piloto

lasciato l’ho in mar a lui non noto

ben che sen creda esser maestro e dotto”

 

Opera quindi di occultamento quella del Boccaccio che ha così celato a occhi indiscreti la realtà di questa donna, allegorizzata dai poeti del 1200 nella fenice, il mitico uccello che moriva bruciando e che ogni 500 anni risorgeva per le misteriose virtù della pietra del Graal,come il Von Eschenbach  nel suo “Parzival” ci racconta.

“Modicum, et non videbitis me;Phoenix_detail_from_Aberdeen_Bestiary

et iterum…

modicum, et vos videbitis me”

(Pg XXXIII 10-12).

 

“Un poco e non mi vedrete; e di nuovo un poco e mi vedrete” … in questa maniera si presenta Beatrice a Dante nel purgatorio… le stesse parole con cui Cristo annunziò ai discepoli la sua morte e resurrezione (” Modicum, et iam non videbitis me; et iterum modicum, et videbitis me, quia vado ad Patrem “,Ioann. 16, 16).

Carattere discontinuo quindi la presenza di questa fenice nella storia dell’umanità, come discontinua rifulge e risorge la poesia d’amore che canta la bellezza di questa Donna che diventa per il poeta madre, sorella, amante, guida, lungo una strada che lei stessa traccia e che in un irrefrenabile slancio d’amore il poeta segue, lasciandosi così trasformare sino alle estreme conseguenze quali il farsi somigliante a Dio.

Una strada, un cammino che solo la lettura morale, allegorica e anagogica ci svela e che conduce a glorioso porto…se segui tua stella…beata e bella.

 a cura di Franco Naldoni e Debora Viciani

Giovedì 19 Febbraio ore 21,30

Ingresso libero

Esperimenti di radiestesia

radiestesia-04Dopo aver visto in teoria in cosa consiste la Radiestesia, quali sono le regole della sperimentazione radiestesica e gli accorgimenti per non essere tratti in inganno in modo da ottenere risultati corretti e affidabili, non rimane che provare con alcuni semplici esercizi.

Nel secondo incontro dedicato alla radiestesia, che si svolgerà l’11 dicembre 2014 alle ore 20.30, tutti i partecipanti diventeranno protagonisti e potranno dare inizio alla loro pratica radiestesica. Con l’aiuto di un pendolino, una mappa geografica e una foto che funge da “testimone”, dovranno ricercare un luogo nascosto e descriverne le caratteristiche. Questo esperimento è stato eseguito numerose volte nei Corsi di Radiestesia che regolarmente si tengono presso le sedi dell’Associazione Archeosofica, in Italia e all’estero, con risultati spesso sorprendenti per gli stessi partecipanti. L’indagine, così condotta, ha reso evidente quanto la facoltà radiestesica sia veramente alla portata di tutti.

Il metodo sperimentale radiestesico, applicato con costanza e metodo, dedicando un tempo ragionevole allo svolgimento di semplici esercizi, con il continuo controllo dei risultati, consente di risvegliare in noi le facoltà della mente quali l’attenzione, la concentrazione e la monoideazione, con effetti benefici sulla volontà e sull’intelligenza, fino ad ottenere una lucida, vigile, stabile e cosciente intuizione.

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La serata si concluderà con un esempio di indagine eseguita con il Radar Cosmoionico: uno speciale strumento ideato da Tommaso Palamidessi, che attraverso l’utilizzo di circuiti oscillanti e altri componenti elettronici, è in grado di disciplinare la facoltà radiestesica dello sperimentatore. Grazie a questo strumento, funzionante su base magneto-elettrica e bio-psichica, è possibile condurre ulteriori indagini nel campo della metafisiologia, della costituzione invisibile di ogni persona e delle energie che circolano nell’Uomo e nell’Universo.

a cura di Fulvio Boselli

Le Meraviglie della Radiestesia

Un tesoro sepolto in Toscana, una falda d’acqua o una malattia si possono scoprire con semplici strumenti quali un pendolino o una bacchetta da rabdomante. Il segreto del fenomeno non sta nello strumento, ma nella facoltà del radiestesista o rabdomante che, attraverso un centro nervoso cerebrale in grado di captare tutte le onde del cosmo, riceve e trasmette per via nervosa alle dita e da esse allo strumento: bacchetta o pendolo. Un esperimento affascinante è la ricerca di un tesoro nascosto. Supponiamo che il radiestesista voglia individuare un giacimento d’oro, come procede? Preso un pezzetto d’oro che funge da “testimone”, cioè da campione di vibrazione, una cartina del luogo e un pendolino, egli dispone tutto su un tavolino sgombro di oggetti estranei alla ricerca, si orienta verso il nord magnetico terrestre preso come punto di riferimento, sospende il pendolo sopra il testimone e osserva i movimenti del pendolo. Supponiamo che il pendolo ruoti in senso destrorso, cioè seImmagine1condo le lancette dell’orologio. Bene! Questa è la vibrazione dell’oro rivelata dal pendolo, in sintonia con il sistema nervoso del radiestesista. Puntando il dito sulla mappa e facendo la massima attenzione a mantenere la mente libera da ogni preconcetto o suggestione, muove il dito della mano libera, come fosse un’antenna, nelle diverse aree della mappa fino a quando il pendolo riprende le girazioni destrorse. In quel punto si trova l’oro! Ripete nuovamente l’esperimento per avere la certezza del risultato e ne ricerca anche la profondità. Infine si reca sul luogo e alla profondità individuata, grazie all’indagine condotta a tavolino, trova l’oro nascosto. Come è stato possibile individuare un tesoro nascosto alla vista e ai sensi dello sperimentatore?

Ora sarà forse chiaro il titolo dell’incontro dedicato alle “Meraviglie della Radiestesia” che si terrà il 4 dicembre 2014 alle ore 21,30. Naturalmente è necessaria della pratica per ottenere risultati stabili e affidabili. Il radiestesista non è un “indovino”, ma uno sperimentatore tenace, pratico e onesto. Per questo motivo nell’incontro successivo, che si terrà giovedì 11 dicembre 2014 alle ore 20,30, cominceremo con i primi semplici esperimenti necessari per scoprire le affascinanti possibilità che la radiestesia è in grado di offrire ad ogni sperimentatore libero da preconcetti e di buona volontà.

a cura di Fulvio Boselli

I centri di forza o chakras

Che cosa sono i «Centri psichici o di forza»? In quale parte del corpo o dell’anima si trovano? Quale funzione svolgono ai fini della nostra autorealizzazione?
In tutte le tradizioni si parla dell’esistenza di alcuni organi spirituali che svolgono importanti funzioni nella vita dell’individuo. Ciascuna ne tratta con una sua terminologia dando più importanza a degli elementi piuttosto che ad altri.

Vi sono scuole di pensiero che identificano i centri di forza con i plessi nervosi e alcune ghiandole a secrez4603507883_347x427ione interna, altre si concentrano sulla loro natura puramente metafisica. Per alcune sono sette, per altre ventuno, per altre ancora dodici, e così via.

Anche sulle loro funzioni non sempre vi è grande chiarezza: talvolta sono visti come organi deputati alla salute, centri il cui armonico funzionamento ha un’influenza profonda sulla sfera psichica, oppure occhi metafisici per osservare altre dimensioni.

Anche a riguardo delle tecniche da utilizzare per il loro risveglio, nonostante la somiglianza di alcuni principi fondamentali, ogni tradizione si orienta verso pratiche più consone alla mentalità di un dato tempo e di un dato luogo.

In un certo qual modo ogni scuola ha colto degli aspetti importanti; forse quello che manca è una visione di insieme. Per tutti questi motivi non è facile orientarsi in questa tematica.

 Tommaso Palamidessi in epoca moderna getta una nuova luce sull’argomento fornendo una chiave di lettura coerente con la tradizione senza distaccarsi mai dall’aspetto pratico.

a cura di Marco Tafani

Giovedì 20 Novembre ore 21,30

I colori dell’aura e le forme pensiero

Tradizionalmente l’aura è definita una “atmosfera energetica”, in certo qual modo una nebulosa di forma ovoide che ricalca la forma del corpo fisico e lo compenetra. Questa atmosfera colorata, che porta l’impronta di tutto lo spettro della luce, risulta visibile solo alla vista chiaroveggente e i suoi colori, la loro brillantezza e disposizione , hanno un preciso significato e corrispondono ad una data tendenza, passione o ideale; in sintesi, sono legati allo stato interiore dell’individuo.

Le nostre emozioni, i nostri pensieri, non rimangono fine a se stessi, come normalmente si potrebindia-12be credere, ma danno vita ad un movimento, una vibrazione colorata che percorre la nostra aura; nascono delle vere e proprie forme, chiamate “forme pensiero”, che sono conseguenti alla natura dell’idea che li ha generati.

Questo fenomeno permette di spiegare come il nostro modo di pensare o di sentire influenzi noi e chi ci circonda; ecco perché la conoscenza di questa struttura e dei suoi dinamismi, legata alla pratica ascetica, è così importante per migliorare e per capire noi stessi.

a cura di Silvia Nanni

Giovedì 6 Novembre ore 21,30

La respirazione energo-vitale

respirazione 1Fin dall’antichità, sia in oriente che in occidente, sono stati ideati dei metodi per rieducare il nostro respiro, imparare a controllarlo e regolarne l’ampiezza e il ritmo,  metodi peraltro riscoperti e utilizzati oggi in ambito medico e riabilitativo per la loro efficacia terapeutica.

La cura della respirazione oltre a portare con se tutta una serie di effetti benefici da un punto di vista fisiologico, costituisce il metodo principale per percepire, assimilare ed eliminare in maniera equilibrata l’energia vitale, il così detto Prana della filosofia Yoga.

Non solo, il controllo del respiro è anche un sistema efficace per combattere lo stress, l’ansia e costituisce la base fondamentale per allenare la nostra concentrazione, perché pensieri, emozioni e respiro sono interdipendenti.

In questo primo seminario pratico svolgeremo alcuni semplici esercizi respiratori utili sia per la salute ma anche per ricaricarsi di vitalità e favorire la calma e la concentrazione.

a cura di Marco Tafani e Gianmarco Gioia
 

Seminario pratico: Giovedì 30 Ottobre ore 20,30

Chi volesse partecipare alla serata lo comunichi ai nostri recapiti!

E’ consigliato un abbigliamento comodo.

Uno sguardo nell’invisibile

Da alcuni anni ormai termini come energia vitale o prana, aura energetica, corpo astrale, centri di forza o chakras, kundalini ecc. sono diventati abbastanza comuni ma, nonostante la loro diffusione  verso il grande pubblico, non sempre vi è un’idea chiara del loro significato.
Questa terminologia deriva da tradizioni millenarie che ci parlano dell’esistenza di una realtà che va oltre a quella percepibile dai nostri sensi fisici.

Secondo queste dottrine l’uomo oltre a possedere un corpo fisico è costituito anche di una controparte invfoto-iride-occhio-ingrandita ridisibile, energetica, ma altrettanto reale quanto il corpo fisico, realtà “visibile” per chi ha sviluppato altri sensi detti “spirituali”.
In questo nuovo ciclo di incontri che ha per titolo “Uno sguardo nell’invisibile”, proveremo a fare un po’ di chiarezza su questo argomento. Per farlo ci baseremo sui testi tradizionali e massimamente sugli scritti di Tommaso Palamidessi, fondatore dell’Associazione Archeosofica e come vedremo uno dei maggiori studiosi e sperimentatori del ‘900 su questo tema.
Le conferenze si alterneranno a dei seminari pratici, sempre ad ingresso libero, perché è senz’altro interessante conoscere in teoria certi argomenti ma poi occorre verificare, toccare con mano, e solo la sperimentazione diretta e personale ci permette di farlo.

a cura di Gianmarco Gioia

Giovedì 23 Ottobre ore 21,30