La disputa iconoclasta

 

Il cammino dell’iconografia, da quando si è sviluppato, non è stato sempre liscio e lineare; questa disciplina si è dovuta scontrare con dei nemici molto forti, ha dovuto superare delle dispute teologiche dalle quali però è uscita rafforzata.

Per oltre 100 anni, dal 726 all’843 d.C. la dura lotta iconoclasta vide scontrarsi da una parte i difensori delle immagini sacre, gli “iconoduli”, e dall’altra coloro che le osteggiavano, gli “iconoclasti”.

Iconoclasmo viene dal greco, “clao” = spezzo e “eikon”= icona, e infatti gli iconoclasti erano coloro che distruggevano le icone.

Questa disputa, questa controversia teologica fra iconoduli e iconoclasti, che si protrae per più di un secolo, riguarda principalmente l’icona di Cristo; la fede nella divinità di Cristo porta ad una presa di posizione in merito ad un aspetto fondamentale: l’indescrivibilità di Dio e la realtà dell’incarnazione che lo aveva reso visibile.

La realtà concreta e storica dell’incarnazione è l’autentico fondamento dell’arte delle immagini, perciò l’icona di Cristo è l’icona per eccellenza e la sua venerazione implica una professione di fede nell’incarnazione.

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Raffigurazioni di Gesù distrutte dagli iconoclasti, miniatura del Salterio Chludov, IX secolo

La questione, che a noi oggi sembrerebbe di natura puramente religiosa, in quel preciso momento storico sconvolse tutta la società bizantina, perché in essa l’ambito religioso non era scisso da quello politico.

L’iconoclasmo ha una sua motivazione che si basa sul divieto veterotestamentario della raffigurazione e sull’usanza del culto degli idoli.

Nel decalogo dell’Esodo Dio dice: “Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra.” (Es. 20:4).

Ma Cristo sigilla una nuova alleanza e con la sua venuta il divieto dell’Antico Testamento non ha più ragione di essere.

La natività del Cristo segna la nascita dell’icona: il Verbo si è fatto carne, Dio si è fatto uomo, Parola ed Immagine consustanziale del Padre: Lui stesso ha detto: “Chi vede me vede il Padre mio che è nei Cieli”e come scrive Paul Evdokimov “il visibile viene affermato nella sua funzione iconografica di visione dell’invisibile”.

L’onore tributato all’immagine passa al Modello, come affermato dal Concilio Niceno II nel 787; chi dunque venera le icone venera in esse la persona (Hypostasis) di colui che è raffigurato, quindi l’icona è un mezzo e non un fine, oggetto di venerazione o di onore, ma non di adorazione; l’adorazione è solo per Dio.

Molte immagini furono distrutte in questo periodo e molti monaci iconografi furono perseguitati, torturati ed anche uccisi; costoro però non difendevano soltanto una tavola di legno, ma difendevano un’idea, una dottrina teologica, il fondamento stesso del cristianesimo e della sua dottrina di salvezza.

San Giovanni Damasceno e San Teodoro Studita, ardenti difensori delle immagini durante il periodo iconoclasta, elaborarono le concezioni teologiche dell’immagine.

Per il Damasceno l’incarnazione segna la salvezza della materia, se il corpo è il “tempio dello spirito”, l’icona con il suo legno e i suoi colori è “pneumatofora”, portatrice dello Spirito.

L’icona è, come lo sono i Vangeli scritti, espressione del messaggio di Salvezza “la lettera è un’icona della parola” sottolinea il Damasceno.

Le molle che fecero scattare la sanguinosa persecuzione durata più di 100 anni, furono molteplici e lasciano spazio a diverse supposizioni, essendo andate perduti gran parte dei documenti dell’epoca.

Il primo movente fu l’ostacolo che il culto delle immagini poneva alla conversione degli Ebrei e dei maomettani, i quali rifiutavano il cristianesimo per la sua iconofilia, nettamente in contrasto con la loro totale avversione verso qualsiasi rappresentazione materiale.

Icona del Trionfo dell'Ortodossia

Icona del Trionfo dell’Ortodossia fine del XIV sec.

A ciò si aggiungeva la tendenza idolatra del popolo, causata dalla mancanza di una vera comprensione della teologia che giustifica l’icona.

Un’altra ipotesi più probabile, del resto confermata dallo svolgersi dei fatti, fu la volontà di annientare il potere del monachesimo, nel timore che potesse prendere il sopravvento sul potere imperiale.

Comunque nell’843 si arrivò alla definitiva vittoria del culto delle immagini, nel mese di marzo, vi fu un grande sinodo e fu istituita la Festa “il Trionfo dell’ortodossia”, esattamente il giorno 11 marzo del’843, festa   che viene ancora oggi celebrata la prima domenica di quaresima.

di Eleonora Guarducci